Curriculum Carlo Strino

Carlo Strino: Consulente Informatico, Perito Elettrotecnico

Potrei riportare qui un Curriculum formale, ma mi presenterò parlando un po’ di me, non dovendo né pubblicare un CV su Linkedin, né presentarlo in un’azienda per un posto di lavoro.

Nato nel 1973, da piccolo ho amato molto i mattoncini Lego, che mi hanno accompagnato per tutta l’infanzia.

Ho sempre avuto poi una passione per gli oggetti luminosi e i dispositivi elettronici. Mi affascinavano molto e volevo capire cosa ci fosse dentro, come funzionassero, per cui mi sono sempre armato di pazienza per aprirli; e “romperli”, soprattutto.

Uno dei primi oggetti preziosi che ho irrimediabilmente distrutto fu una radio a forma di palla inizio anni ’70, che lanciai dal tavolo per aprirlo. L’oggetto doveva essere più o meno questo:

radio palla anni 70Nel corso degli anni mi sono sempre appassionato a ciò che avesse un’automazione, sia meccanica che elettronica, così come alcuni giochi elettromeccanici della Tomy, i primi videogiochi “anni ’70” da TV in bianco e nero o quelli portatili chiamati schiacciapensieri, comparsi successivamente.

tomy
La serie TOMY comprendeva diversi modelli.. Questo che avevo io faceva un casino assurdo e di elettronico aveva solo una lucina con funzioni di palla da tennis..
videogiochi anni 70
Un esempio di videogiochi anni 70
schiacciapensieri donkey kong
Uno dei più famosi schiacciapensieri era a doppio display ed era prodotto dalla Nintendo.. Donkey Kong

Mi appassionai anche all’elettronica digitale e a tutto ciò che funzionava a corrente, e come tutti i bambini non restai immune dalle prime scosse elettriche, prese per una spina dimenticata in tensione o per un corto circuito.

Ma la svolta ci fu con l’uscita di uno dei primi personal-home computer distribuiti sul mercato all’inizio degli anni ‘80: il Commodore Vic 20.  Fui folgorato!

Avevo 8 anni quando, sfogliando un giornalino di Topolino di quell’epoca, vidi pubblicizzata questa scatola magica piena di tasti che ti invitavano a “produrre” qualcosa.

commodore vic 20

Iniziai a torturare mio padre affinché me lo comprasse, anche se – da buon bambino viziato – avevo già biciclette e tantissimi giocattoli. All’epoca andavano i robot e li avevo tutti, ma questo era diverso. Era totalmente diverso!

A differenza delle pubblicità che ho riportato qui, nel 1981 questo computer costava ben 500 mila lire che all’epoca erano tantissimi soldi per un ‘giocattolo’ senza contare che poi andavano acquistate separatamente le cartucce gioco, joystick e paddles.

commodore vic 20

Fu il mio primo computer, e andava usato collegandolo a un televisore.
Consisteva di una scatola bianca ed era corredato di due pad, un joystick e qualche cartuccia gioco. Ne ricordo ancora il cursore cubettoso del prompt dei comandi e il manuale per la programmazione Basic, rilegato con una spirale: poche istruzioni, ma potevi già fare qualche programma “serio”.

basic vic20

Fu subito amore. Certo come tutti i bambini ero orientato a sfruttare queste meraviglie elettroniche per giocare ma mi attirava anche ciò che c’era dietro e dentro quella scatola magica.

Certo, come tutti i bambini ero orientato a sfruttare queste meraviglie elettroniche per giocare, che però mi attiravano anche per ciò che vi era dietro e dentro.

Dovete pensare che i bambini dell’epoca non erano nati e cresciuti con tutti i prodigi tecnologici di oggi, come smartphone, tablet, internet, ecc., quindi queste novità rivoluzionarie destavano loro una grande curiosità, erano stimolanti, certo molto più dei gadget di un bambino del 21° secolo, oramai abituato a qualsiasi dispositivo elettronico.

Successivamente passai al Commodore 64, con cui si poteva fare qualcosa di ancora più serio, oltre che giocare; e all’Amiga, con cui si poteva programmare in linguaggio macchina grazie a quel favoloso portento che era il processore Motorola MC68000.

cpu_mc68000

Sul Commodore 64 giravano già alcuni programmi più evoluti, e con la stampante e il floppy disk da 5 pollici e 1/4 (senza dimenticare il datassette) ci si poteva divertire anche con qualcosa di borderline, oltre che coi programmi casalinghi.
All’epoca un classico era craccare i videogame, decompilandoli o installandovi dei loader, o dei menù per velocizzarne il caricamento o per aggiungere qualche trucchetto.  Forse il fatto che utilizzassi il C64 su un monitor a fosfori verdi influenzò alquanto l’uso che feci di questa macchina.

Commodore 64

C’è da dire che il C64 è stato per me il primo computer che ho smontato completamente, staccandone persino tutti i tasti, e ciò solo “per lo sfizio di farlo” e per personalizzarlo, verniciandone la scocca di nero: ero un po’ dark in quel periodo.
L’Amiga invece mi permise d’imparare alcuni veri linguaggi di programmazione non interpretati, e di affacciarmi al mondo degli script shell, che uso tutt’oggi in ambiente Mac, Linux e Unix.

commodore amiga 500

Con l’Amiga mi sono anche divertito a scrivere moduli musicali, poiché, con i suoi coprocessori, permetteva di gestire quattro canali audio separati stereofonici (una chicca per l’epoca!); e con alcuni campionatori a 16 bit di altissimo livello si potevano creare veri e propri brani di ottima qualità.

In quegli anni si diffuse anche il BBS (Bulletin Board System), un precursore di internet, forse.
Ricordo ancora il suono del modem 1200 attaccato a un PC o all’Amiga stessa e gli scambi di file, le bollette telefoniche e le corse per l’ultimo file disponibile.

Alcuni miei conoscenti erano più avanti di me e già da anni scaricavano giochi per C64. Io ero in ritardo.
Parliamo di roba vecchissima che però funzionava alla grande. Si potevano scambiare dati, documenti e informazioni senza usare né internet né e-mail, che non esistevano ancora.

I miei studi scolastici furono così orientati al tecnologico: elettrotecnica sperimentale con iniezioni di Informatica ed Elettronica. Tutto molto bello. Peccato che a Napoli non tutte le strutture ne permettevano un’applicazione pratica sufficiente, a causa di carenze logistiche e di macchinari.

Il DOS visto a scuola mi sembrava primitivo, e lo era; i linguaggi di programmazione erano a volte molto intuitivi e creativi, più spesso abbastanza complessi e macchinosi.

I miei primi lavori spaziavano in ambiti completamente diversi, a volte lontani dal BIT o da uno schermo a tubi catodici, altre volte coerenti con le mie passioni. Il primo contratto di assunzione fu comunque per un’azienda di consulenza informatica.

Ho iniziato lì a occuparmi dei sistemi operativi Unix V, su piattaforme Voice/telefoniche installate in mezzo mondo. La maggior parte del lavoro era in assistenza remota mediante un modem a 9600 baud con emulazione terminale, velocissimo per l’epoca; per il resto dovevo recarmi sul posto, e spesso all’estero, con scheda sotto braccio, ad intervenire in qualche scantinato/sala server a temperatura frigorifero, o per installare un nuovo server telefonico per nuove startup di aziende telefoniche con location in Brasile, Spagna, Venezuela, Chile, Paraguay, Svizzera, Grecia e ovviamente in Italia.
Lì ho imparato com’erano fatti e come funzionavano i sistemi operativi.

Durante quasi venti anni ho cambiato tantissime aziende TLC e ottenuto diversi contratti da consulente o da impiegato, svolgendo svariate mansioni in ambito informatico, dalla programmazione C, shell scripting Unix/Linux e database (PL-SQL Oracle e MySQL), ad attività per compagnie telefoniche su piattaforme Tibco o Avaya.

Ho lavorato in centrali telefoniche, sviluppando e gestendo centralini e risponditori automatici IVR, ho avuto mansioni prettamente sistemistiche e a tratti vicine al DBA.

In tutti i casi mansioni di supporto che mi hanno fatto conoscere realtà diverse, integrazioni, prodotti, sistemi, e soprattutto persone di diverse etnie e culture.

Nel frattempo ho coltivato la mia passione per le riparazioni. Prima mi sono occupato di impiantistica, poi ho iniziato a studiare un po’ di hardware, a fare le prime riparazioni elettroniche e a produrre schede in rame per usi più svariati, dagli amplificatori agli impianti d’allarme, riparando e modificando anche console Playstation. Mi sono divertito molto negli anni ’90!

sony PlayStation 1

Tra le varie influenze lavorative e know-how mi sono dedicato in parte all’area Web, scoprendo un mondo davvero infinito, senza confini, e mi sono appassionato un po’ alla SEO, che in alcuni casi mi ha dato molte soddisfazioni.

Il mio bagaglio professionale risulta molto variopinto e frastagliato, sia in ambito Tech sia in ambito IT.
Ho lavorato con passione, dedizione e soprattutto onestà, tanto in piccole quanto in grosse aziende, tra cui quelle del mondo delle telecomunicazione, e nel mio campo ho acquisito così una buona visibilità.

Cerco di applicare ciò che conosco e che mi incuriosisce ai lavori che faccio, e provo ad applicare tecniche di problem solving imparate negli anni ai piccoli lavori che mi capita di affrontare tutti i giorni, risolvendo i problemi dei clienti rimasti in panne con il loro dispositivo o con una procedura inefficace.

Passione per prodotti vintage anni ’80

Durante questi ultimi anni ho deciso di acquistare e collezionare alcuni dei giocattoli e soprattutto molti dei computer degli anni ’80 tra cui i dispositivi Commodore con cui sono cresciuto, console di gioco e qualche vecchio computer Apple.

commodore amiga

Di Computer Commodore ne ho davvero tanti, peccato non avere tanto spazio per esporli tutti.

In laboratorio tra un paio di cabinati da sala giochi e la reception sono in realtà riuscito a esporne qualcuno ma lo spazio non è tanto:

foto lab commodore

Il passaggio da impiegato a piccolo imprenditore

Ecco qualche altro dettaglio della mia storia lavorativa.

Ho fatto l’impiegato per un totale di quasi 19 anni, dal 1998 al 2016.

Non è stato sempre gratificante, ma non posso lamentarmi: in fondo tutta l’esperienza – negativa e positiva che sia – mi è servita.

In quasi 19 anni ho cambiato credo 9 aziende IT con contratti su Roma e Napoli: in alcuni passaggi sono stato quasi costretto, considerando che l’azienda in cui lavoravo era in crisi, in altri casi ho trovato una migliore opportunità e ho cambiato, scegliendo un contratto migliore.

La penultima azienda con cui ho lavorato era una holding SpA chiamata Opera21: aveva contratti e appalti ovunque ma è decaduta nel giro di 2 anni, probabilmente perché i proprietari non erano interessati a mantenerla in vita.

E oltre 1000 dipendenti, incluso io, siamo stati messi prima in cassa integrazione e poi dopo lavori a singhiozzo, l’azienda è stata liquidata.

Da cassa integrazione ad opportunità

Durante alcuni periodi di cassa integrazione non sono stato fermo con le mani nelle mani e ho deciso di coltivare da un lato la mia passione per l’elettronica e i computer, dall’altra mi sono inventato come consulente informatico a domicilio.

Per un anno e mezzo (credo 2012-2013) ho quindi lavorato proponendomi presso clienti privati e aziende, studi dentistici e commercialisti…  lavorando sia ‘alla giornata’ che con compensi mensili.

Ho iniziato prima nel mio quartiere, stampando adesivi e locandine che pubblicizzavano ‘Assistenza a domicilio’ che collocavo ovunque nelle cassette postali dei luoghi dove mi recavo e sulle auto parcheggiate.

In poco tempo mi sono quindi ritrovato con tanto lavoro da gestire e una casa piena di dispositivi da riparare: non avevo una location dedicata se non uno sgabuzzino e mi sono arrangiato con attrezzatura hobbistica.

In quegli anni li creai anche questo sito ed iniziai a pubblicare qualche intervento di riparazione: fui uno dei primi, credo ci fosse solo iFixit che faceva roba simile.

Di sicuro, in Italia, ero l’unico. E infatti ebbi successo: molto traffico in arrivo sul sito e tanta pubblicità e gratificazione.

Per questo devo ringraziare anche Fabio, un dentista mio cliente che poi è diventato anche un amico, che mi ha trasmesso mediante il suo lavoro le prime nozioni di SEO e di organizzazione aziendale.

Considerando che era passato quasi un anno e mezzo dall’ultima mia presenza in ufficio e agli sgoccioli della cassa integrazione, ho pensato quindi di ufficializzare il mio ‘nuovo’ lavoro, investire su di esso trovando una location, acquistando attrezzature e mettendo su una ‘base’ magari collaborando anche con qualche collega per la grossa mole di lavoro che mi stavo portando a casa.

Quindi stavo già iniziando a fantasticare su cosa fare del mio futuro, senza dover aspettare nefasti eventi…. quando invece ricevetti una chiamata: era un giovedì, non potrò mai dimenticarlo: una nuova azienda, sempre una SpA e questa volta ‘solida’, aveva acquisito progetti e parte degli impiegati dalla vecchia azienda.

Ero legato a loro senza volerlo, contrattualmente avevano acquisito parte del personale della vecchia azienda moribonda.

Mi chiedevano di rientrare il lunedì successivo, poiché avevano vinto una gara in Telecom, e proponendo per questa anche personale con Curriculum e competenze specifiche in cui io improvvisamente rientravo come figura di altissimo interesse, avendo nel mio CV cose a loro utili.

Mi recai sul posto di lavoro, in un nuovo ufficio e con un pò di confusione, pensando fosse quasi uno scherzo: ero oramai altrove con la testa, da un anno e mezzo mi davo da fare per crearmi qualche attività in proprio.

Ci fu una rimpatriata di tutti i colleghi che lavoravano per la precedente azienda: tutti si aspettavano conferme ed erano ottimisti, considerando che la nuova azienda era solida e stava acquisendo personale e progetti della vecchia moribonda.

Altri colleghi che erano da anni sui progetti, ebbero invece un trattamento osceno:  furono buttati fuori oppure gli proposero contratti temporanei: ricordo ancora una mail del responsabile del personale che annunciava il destino di ognuno.

Io ricevetti la famosa mail e scoprii che fui uno dei pochi a cui proposero un contratto a tempo indeterminato, con location Napoli, uno stipendio simile al precedente e un ambiente di lavoro che più o meno conoscevo.

In molti piangevano lacrime amare per non aver ricevuto conferme positive…  io per assurdo quasi piangevo sempre di dolore perché ero stato confermato: ero il meno interessato a stare lì, eppure fui confermato.

Io non ero felice per il mio contratto a tempo indeterminato… considerando che ero psicologicamente altrove.. ovviamente non lo evidenziavo… e mi spiaceva per chi, in effetti, stava peggio di me perché non aveva avuto né riconoscimenti né una sicurezza con l’acquisizione di questa nuova azienda.

Ero comunque scettico, ma mi dissi: beh, mi danno una possibilità… iniziamo e vediamo che si dice.

Ma iniziai subito con alcuni paletti: avendo confidenza con i miei responsabili (ci avevo già avuto a che fare in passato…) dissi chiaramente che in 1 anno e mezzo stavo coltivando altri interessi e che quindi spesso mi sarei distratto; dissi che non avrei fatto nessuno straordinario, che non mi sarei mosso da Napoli e che infine avrei avuto orari meno rigidi il che significò per me essere un pessimo impiegato: entravo non prima delle ore 10, non avevo cartellino da marcare presso il cliente, e non volevo attività di responsabilità.

Il mio sarebbe stato un atteggiamento menefreghista: mi sarei comportato sempre professionalmente sul lavoro, con le attività a me delegate. Ma avrei anche dato un occhio di riguardo ai clienti che mi avevano affidato alcune riparazioni o lavori.

Accettarono, forse perché costretti dalla gara che avevano vinto… e mi andò addirittura meglio del previsto: infatti poco tempo dopo iniziai un regime di 2-3 giorni a settimana (anche 4 successivamente…) in cui facevo lavoro da remoto (casa), in un periodo in cui lo Smart Working, nato principalmente a valle del Covid nel 2020, non esisteva ancora (parliamo degli anni 2014-2016).

Insomma per 2 anni riuscii a lavorare per l’azienda come avevo sempre fatto ma in più, stando a casa, riuscivo a fare i miei interventi di riparazione e con l’aiuto di un collega cercai anche di dare supporto a domicilio anche se in maniera ovviamente più limitata.

E, sopratutto, iniziai a studiarmi i dispositivi Apple che iniziavano a consegnarmi: era strano che nel 2014 non fossero in molti a ripararli, specialmente MacBook e iMac.

Arrivai nel frattempo ad inizio 2016: ero davvero stufo di quella situazione, forse ripensandoci non avrei dovuto accettare e rientrare a fare il dipendente, forse ci avrei dovuto pensare un pò ma i tempi erano stretti.

Nel frattempo valutai tante cose e – le stranezze non hanno mai fine – notai con stupore che molti dei riparatori o consulenti informatici che lavoravano con successo in maniera indipendente decisero di fare il passo inverso al mio: si fecero assumere da qualche azienda IT per cercare forse un’isola felice.

Io che già sapevo in fondo cosa volevo, provenendo da una vita da ‘impiegato’, rimanevo comunque colpito da questa migrazione di Informatici che alimentava qualche incertezza nelle mie delicate decisioni.

Stavo per lasciare un lavoro sicuro, uno stipendio sicuro per.. cosa? Avrei avuto successo oppure era solo un sogno campato in aria il voler ‘mettersi in proprio’ ?

In effetti era un pò rischioso: a 40 anni reinventarsi un nuovo lavoro era un pò folle, avendone già uno.

In fondo avevo anche tante certificazioni nel settore IT e avrei potuto investire in queste.

D’altra parte pensavo: sono stato in cassa integrazione e ho lavorato tantissimo, sono stato reintegrato in ufficio e ho continuato a lavorare tantissimo (parlo del mio lavoro di assistenza e consulenza).. figuriamoci cosa avrei potuto fare senza le limitazioni che avevo con il lavoro da impiegato?

Nel frattempo passava il tempo… e non mi muovevo a decidere..  fino a che non accadde una cosa che cambiò tutto.

Nella mia indecisione di lasciar perdere l’impiego fisso ed inseguire i miei sogni oppure rimanere impiegato a vita, capitò un evento che mi aiutò a decidere di mollare tutto: il cliente finale decise di tagliare i costi e di tenere alcuni consulenti ‘a casa’ e l’azienda a quel punto cercò di spostarmi su altri progetti.

Ma, dopo alcune settimane, trovò qualcosa di idoneo al mio profilo professionale solo nella città di Roma, presso un grosso cliente e per un’interessante commessa… dove avrei potuto anche avere qualche possibilità di passare di livello…ma la nuova condizione era incompatibile con i miei ‘progetti segreti’. Avrei avuto troppe limitazioni.

Fu l’evento che inconsciamente aspettavo: la scusa per mollare finalmente la mia vita da impiegato per creare qualcos’altro.

A questo punto non avevo scelta e decisi di andar via: purtroppo non riuscii a farmi licenziare per ottenere facilitazioni, l’azienda non era in crisi e quindi dovetti dimettermi di sana pianta senza percepire nessuna indennità, se non una piccola buonuscita dall’azienda.

L’indennità  mi avrebbe fatto comodo per sistemare alcune cose, per pagare alcune spese ma pazienza: avevo sempre parte della liquidazione conservata che poteva tornarmi utile per iniziare un’attività senza fare grossi debiti.

Ricordo ancora che uno dei responsabili dell’azienda mi disse sinceramente che in tanti anni non gli era mai capitato che qualcuno si dimettesse in questo modo- non per migrare in un’altra azienda (cosa che avevo fatto già tante volte…) – ma per fare qualcosa di totalmente diverso, lasciando nel frattempo un buon posto di lavoro e un ottimo stipendio.

Ma oramai i tempi, nella mia testa, erano maturi: spedito come un treno consegnai il PC aziendale e salutai tutti, consapevole che un capitolo della mia vita fosse finalmente chiuso.

Nessun rimorso, nessun ripensamento.

E la mia compagna, conoscendo bene parte della mia vita lavorativa, guardando come mi brillavano gli occhi quando pensavo ad una attività tutta mia, non poteva che appoggiare i miei sogni e progetti: ed era una cosa che mi serviva in quel momento delicato.

E ora, che si fa?

Lasciare il ‘posto fisso’

Prima delle mie dimissioni presso l’ultima azienda con cui lavoravo, avvenute nel 2016, ho pensato e ripensato tante volte al passo che stavo per fare e al rischio e le conseguenze che avrei dovuto affrontare.

Dopotutto in quell’epoca lavoravo bene ed avevo il cosiddetto ‘posto fisso’ presso un’azienda di consulenza IT di tutto rispetto, e anche economicamente non avevo problemi.

Il lavoro in trasferta era però pesante da prendere in considerazione anche in virtù del fatto che su Roma avevo già lavorato per più di 8 anni in passato e ora avevo altri obiettivi.

Nel frattempo apro partita iva forfettaria, che era perfetta per iniziare, continuo con il mio lavoro rimanendo però in casa: avevo uno sgabuzzino e ora anche una stanzetta dedicata che riempii in poco tempo di qualche attrezzatura più professionale e tanti scaffali.

Inizia così l’avventura da libero professionista e in poco tempo mi accorgo che gli studi e tentativi di approccio ai sistemi Apple sono molto produttivi.

Prima location: un Garage !!! Ricorda qualcosa…

In poco tempo mi arrivano talmente tante di quelle macchine che lo stanzino non basta più: prendo una casetta in legno da giardino e la uso come deposito per scatole degli iMac e dei PC che mi arrivano.

Passa qualche mese e non so più dove sistemare i computer: alcuni li infilo sotto il letto…o a casa della suocera. E’ una situazione pesante ed imbarazzante, inizio quindi a cercare una location più adatta.

Requisito fondamentale: deve state vicino casa. Vicinissimo: dopo anni di spostamenti in tutt’Italia e all’estero, KM macinati ogni giorno.. voglio lavorare vicino casa.

E la location che trovo mi accontenta perché è.. sotto casa!! Un vicino vende un locale che in quel momento mi sembra davvero la soluzione ideale!

Un BOX con bagno con soppalco. Sotto casa, fisicamente 3 metri sotto il balcone di casa.

E’ una cosa che mi illumina, mi rende felice: lo compro usando parte dei soldi della liquidazione e un piccolo prestito della suocera.

Un bellissimo GARAGE: sembra grande è lo è se lo confronto alla stanzetta dov’ero stato fino a quel momento.

Sopra il soppalco infilo le scatole e lo uso come magazzino, sotto infilo tavoli e attrezzature, ci faccio un bell’impianto elettrico calando alcune linee da casa e un impianto di ricircolo aria.

C’è anche il bagno e porta blindata. Tutto pronto, non devo fare altro. Sono al settimo cielo: nasce InformaticaNapoli come laboratorio.

In un garage come Apple? Sembra strano ma è così!!! Mai avuto nessuna aspettativa come Jobs.. mi è solo capitato.

garage
Una foto che mostra il garage in cui ho iniziato l’attività

InformaticaNapoli: perché questo nome per un’attività?

Ero un pò indeciso sul nome: l’avevo scelto frettolosamente per il sito nel 2012 quando la SEO era agli esordi e quando mettere un nome dell’argomento trattato (Informatica) accanto ad un nome della città (Napoli) poteva localmente avere vantaggi nella ricerca sui motori Web, in termini di indicizzazione.

Di sicuro i colori del sito fanno riferimenti alla mia città ma assolutamente non al gioco del calcio: non sono tifoso, non seguo assolutamente il calcio..

Infatti logo e colori possono trarre un pò in inganno ma non ho alcun legame con la squadra di calcio.

Ho poi registrato il marchio per cui poi, cambiare tutto e ripartire da zero, mi sembrava in quel momento una fesseria.

Col senno di poi magari avrei usato qualche altro nome ma pazienza… ora dovevo dedicarmi ad altro.

Garage trovato.. e ora?

(continua)

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